MATTEO BERNABE 2024-11-15T08:44:09+01:00

Casa Capra partecipa con l’artista Matteo Bernabè all’undicesima edizione di First Step, il progetto con cui, dal 2008, l’Accademia di Belle Arti di Verona sostiene l’inserimento nel sistema dell’arte e la crescita professionale dei propri studenti ed ex studenti attraverso workshop, conferenze e mostre diffuse in gallerie d’arte, istituzioni e spazi espositivi presenti sul territorio veronese e nelle principali città limitrofe.

La rassegna, che gode del patrocinio del Comune di Verona, è a cura di Sergio Breviario, Daniele Salvalai e Giuseppe Vigolo, docenti del Dipartimento di Arti Visive dell’Accademia coordinato dalla prof.ssa Katia Brugnolo.

«Il titolo scelto per questa edizione, “Prima eravamo soli”, è un richiamo a una galassia collaborativa, all’universo professionale in cui auspichiamo possano entrare e gravitare i giovani artisti di First Step», dichiarano i curatori.

 

OPENING SABATO 23 NOVEMBRE 2024 dalle 17.30 

Ingresso libero

 

 

“E allora decisi di divorarmi, iniziai a plasmare materia. Con movimenti poveri e primitivi
cominciai a impastare togliendomi man mano i grumi dalle dita. Combinai farina con lievito e
acqua, lasciando poi spazio all’attesa. È sopra al legno che lasciai la mia traccia, e nella traccia
si formò il mio sostentamento, la mia carne.”


Cum-Panis è un progetto che avvolge scultura e incisione attraverso un medium deperibile e consumabile.

L’interesse verso questa materia risiede nella sua semplicità arcaica, un alimento antico, comune ad ogni popolo come forma di nutrimento. Questa materia come mezzo scultoreo crea un’immediata connessione con chi vi si rapporta, per la sua capacità di comunicare superando le barriere linguistiche e culturali. Il pane è origine di comunità, di una condivisione che avvicina e unisce gli uomini nel momento del consumo, è sopravvivenza, essenzialità. Usare il segno inciso per generare l’immagine sul pane lievitato porta a una trasformazione del significato di opera scultorea, diventando testimone del passaggio della matrice. L’azione incisoria viene divorata dagli spettatori alimentandoli nel corpo e nella mente. L’ingestione definisce un momento di comunità, dove i partecipanti diventano tali attraverso il nutrimento e il consumo dell’opera-tributo. Ecco che l’opera scompare, diventando un legame invisibile e indissolubile tra coloro che si sono alimentati di essa.
L’iconografia impressa sulla superficie indaga l’eredità delle incisioni rupestri situate nella località di Torri del Benaco (VR); con le sue incisioni, l’artista ne reinterpreta i segni, portandoli in rilievo nel momento dell’impressione sull’impasto.
Una volta sfornato, il pane assume un duplice ruolo: alimento offerto condiviso con gli spettatori e cimelio artistico. La materia sfornata e non consumata cambia la sua estetica fino all’essicamento, sgretolandosi con lo scorrere del tempo.


Matteo Bernabè, Pesaro (2001)

Si forma presso il Liceo Artistico “F. Mengaroni” di Pesaro, dove si diploma nel 2020. Successivamente consegue il diploma di I° livello in Grafica d’Arte e Illustrazione presso l‘Accademia di Belle Arti di Urbino. Attualmente sta completando il ciclo di studi presso l’Accademia di Belle Arti di Verona, biennio specialistico in Atelier Direction: Mediazione culturale dell’arte.
La sua ricerca si focalizza sul significato del segno artistico come traccia di passaggio. Nelle sue opere è possibile identificare la connessione con il gesto incisorio appartenente al mondo della grafica d’arte, il quale muta attraversando medium e linguaggi che abbandonano la bidimensionalità della carta. L’indagine di Bernabè vuole plasmare arte capace di appartenere e dialogare con lo spettatore senza l’utilizzo di linguaggi verbali, ma riscoprendo una connessione tra mondo arcaico e contemporaneo. I segni del passaggio dell’artista trovano ispirazioni dalle fonti artistiche primitive nell’interesse di abbattere le barriere dettate dai linguaggi, dai confini geopolitici, dalla cultura, dal nazionalismo.  
Per l’artista è necessario indagare sul segno come strumento di scoperta interiore, l’incisione diventa quindi un invito per lo spettatore a scavarsi, a riesumare il significato di un’essenzialità perduta, attraverso il rapporto con la materia.